Ci sono personaggi letterari che incontri un giorno sulla tua strada, che ti restano accanto come persone in carne ed ossa e che tornano a parlarti in più fasi della vita. A volte non sai neanche spiegarlo il perché ti restino così seduti accanto, ma quando accade è bello tornare a rileggerli, perché hanno qualcosa di importante da dirti. Per me uno di questi personaggi, da lungo tempo, è Emerenc Szeredás, la protagonista del romanzo La porta di Magda Szabó, ambientato in Ungheria negli anni ’60.
Emerenc è una donna silenziosa, rude, che inizia a fare la domestica a casa di una scrittrice, dopo aver chiesto le dovute referenze e accettato di lavorare per lei e il marito. È una donna antica, vestita di nero, con un fazzoletto in testa che le raccoglie i capelli. Decorosa, piena di dignità, asciutta, operosa. È lei a stabilire orari e compenso, è una lavoratrice magnifica e instancabile, ma non lavora per tutti. Emerenc deve prima testare la bontà ed il valore di chi ha davanti. A lei obbediscono gli uomini e gli animali, come regimentati da una saggezza perentoria ineludibile.
Emerenc è totalmente indifferente alla politica, alla religione, non si fida, ha visto cosa Dio ha fatto durante la guerra, ha sopportato cosa ha fatto alla sua famiglia: le ha portato via i genitori, le sorelle, lasciandola adulta a nove anni a dover lavorare per vivere e a prendersi cura di chi, più sfortunato di lei, veniva deportato durante la guerra. Non sono i pensieri politici a guidarla, sono l’umanità ed il senso di protezione del più debole a muovere le sue azioni di cura. Una cura costante, energica, quasi titanica.
Tra Emerenc e la scrittrice nasce una relazione importante, fatta di passi di avvicinamento e litigi, di gesti d’affetto e rotture: la scrittrice è colta e accogliente, ma anche insicura e spesso praticamente disorientata. Emerenc, in posizione apparentemente subordinata, la adotta con le sue cure e le sue attenzioni bizzarre, ma non le permette di avvicinarsi al suo mistero, sempre schermata dietro la porta della sua casa, serrata per chiunque, amici, parenti e vicini di casa. Mentre il loro rapporto diventa sempre più stretto e diventano essenziali l’una per l’altra, il mistero della porta chiusa cresce e diventa la misura della paura che abita Emerenc. Di lei sappiamo solo che ha il terrore dei temporali violenti e che instancabilmente si adopera per costruire il presente. È una donna che esorcizza la paura con una volontà di ferro, che non ha timore di niente e di nessuno, ma il cui equilibrio è un cristallo pronto ad andare in mille pezzi, alla sola apertura di una serratura. La tensione su cosa ci sia lì dietro corre per l’intero romanzo.
Emerenc ha la capacità di leggere i fatti e le persone con una logica tutta sua, per cui non capisce cose assolutamente normali, ma riesce a cogliere l’essenza delle cose e a dare amore incondizionato a tutti gli esseri viventi. Anche quando questo vuol dire aiutare un’amica a morire, se desidera farlo. Senza modi affettati, convenzioni o sdolcinature. Anzi, proprio con i suoi modi rudi e diretti. E di farlo tenendo sempre una distanza imprescindibile, di autoprotezione.
Non è così per ognuno di noi? Tutti costruiamo muri per difendere le nostre fragilità, più o meno consapevoli. Ma pochi, come Emerenc, sono capaci di muoversi verso l’altro nonostante quelle barriere. Di solito restiamo ancorati ad una visione parziale, ad un orizzonte di vita protetto e limitato. Teniamo le persone e la vita a distanza, senza saper chiedere aiuto.
Emerenc conosce perfettamente il proprio punto di rottura e chiede esplicitamente di non oltrepassarlo, mentre si dà senza sosta. Non le importa tornare su cosa è passato, cercare spiegazioni, o cedere alla nostalgia. Ha capito che è importante dedicare le energie a ciò che ancora è possibile realizzare nel futuro per il proprio passato.
Forse è questo il suo mistero: saper tenere una porta ostinatamente chiusa per mantenere il cuore aperto, senza riserve, al presente. Concentrata solo su quello che è essenziale. Fedele a quello che le persone e gli animali desiderano davvero.
Quanta lucidità, quanto coraggio, cara Emerenc.